Il volo ad emissioni zero è l’obiettivo più ambizioso per ridurre in modo significativo il consumo di combustibili fossili e la produzione di gas serra a livello globale.
E la corsa al volo elettrico si può ritenere già partita.
Dopo il primo esperimento compiuto da Airbus nel gennaio del 2018 con il suo eVTOL (electrical Vertical Take Off and Landing) denominato Vahana è arrivata la risposta della Boeing che, ad un anno esatto di distanza, ha annunciato di aver compiuto con successo il primo test di volo per il suo PAV (Passenger Air Vehicle).
Siamo davvero ai primi passi di un processo di sviluppo che, dal volo verticale, dovrà passare al volo orizzontale su ali. Non stiamo infatti parlando solo di trasporto aereo urbano, campo al quale si stanno dedicando anche new company come Uber, ma della fondata speranza di poter permettere alle persone di compiere viaggi almeno a medio raggio su velivoli che non bruciano un grammo di kerosene e tantomeno producono emissioni.
Il PAV è un velivolo elettrico a guida autonoma progettato per voli di 50 miglia e misura 9,14 metri di lunghezza per 8,53 di larghezza. E se l’Airbus mostrò i 53 secondi del suo Vahana, del prototipo della Boeing sono rintracciabili solo 3 foto.
Tuttavia le differenze con l’altro prototipo appaiono evidenti: il primo ha la forma di un maxi drone e utilizza tutte le eliche e le superfici alari sia per decollare sia per viaggiare; il secondo ha strutture alari fisse, un’elica dedicata per il volo longitudinale e soprattutto una fusoliera allungata, più simile a quella di un vero aeroplano. Il Vahana è stato ripreso solo in fase di volo verticale, il POV invece è stato fotografato con tempi di apertura talmente corti che le eliche appaiono ferme e non è facile capire se abbia compiuto almeno un breve tratto di volo in orizzontale.
Di sicuro, il settore degli aeromobili è in una fase decisiva. Nei giorni scorsi l’Airbus ha annunciato che non produrrà più l’Airbus A380 a partire dal 2021 e la Lufthansa che ne ridurrà la sua flotta da 14 a 8, certificando di fatto il fallimento commerciale dell’aereo di linea più grande mai prodotto. La Boeing invece è alle prese con il software di volo del suo Boeing 737 Max 8 che è sospettato di essere la causa di almeno due disastri aerei: quello del 10 marzo scorso della Ethiopian Airline vicino Addis Abeba e quello del 29 ottobre 2018 della Lion Air avvenuto nel mare di Java.
I due più grandi costruttori mondiali di aerei, oltre che impegnati in un’eterna lotta commerciale, devono anche difendersi dall’accusa di rappresentare il sistema di trasporto più inquinante, destinato apparentemente ad esserlo sempre di più: dal 4,3% del monte totale della CO2 emessa si rischia di arrivare al 25% entro il 2050 e il 60% è prodotto dai voli a lungo raggio (oltre 1000 miglia).
L’industria ha già messo in campo CORSIA (Carbon Offsetting and Reduction Scheme for International Aviation) per arrestare nel 2020 l’escalation delle emissioni e mettere in campo una campagna di compensazione per 2,5 miliardi di tonnellate di CO2 richiamando investimenti per 40 miliardi di dollari nel periodo 2021-2035. Il CORSIA è uno strumento quadro che fa seguito agli accordi di Copenhagen del 2009 e che mirano a dimezzare l’impronta di CO2 del trasporto aereo entro il 2050.
Il volo ad emissioni zero, sia esso elettrico o a idrogeno, può sicuramente essere un ulteriore strumento per conseguire questo risultato. Lo studio di consulenza Roland Berger ha contato almeno 100 progetti mondiali sull’aereo a propulsione elettrica e prevede che il primo volo di linea con questo tipo di velivoli avverrà nel 2032 anche se il CEO di Easyjet, Johan Lundgren, nel 2018 è stato ancora più ottimista: basterà aspettare 10 anni.
Dunque la strada è ancora lunga, ma i giganti dell’aviazione l’hanno già iniziata.