La prima ibrida di Lamborghini è un lampo, un Siàn, come si dice a Bologna. Ed è un’auto in serie limitata che sarà prodotta in 63 esemplari, come l’anno in cui la casa del Toro è stata fondata. Naturalmente, visto il prezzo di realizzo di 2,5 milioni di euro, sono andati già tutti venduti. Ma la Siàn è preziosa per il suo pacchetto tecnico che potrebbe prefigurare l’erede della Aventador.
L’ibrido leggero e sportivo
«Sarà sicuramente un’auto PHEV – afferma Maurizio Reggiani (foto sopra), capo dello sviluppo tecnico di Lamborghini dal 2006 – e oggi stiamo definendo quale può essere la batteria migliore o la combinazione migliore tra gli accumulatori che si possano avere». La Siàn ha un sistema ibrido composto dal V12 6.5 della Aventador SVJ potenziato da 770 cv a 785 cv, da un motore elettrico da 34 cv (25 kW) e da un supercondensatore (o supercapacitor) a 48 Volt alloggiato in una scatola di carbonio posizionata dietro il parafiamma, tra l’abitacolo e il vano motore. La parte elettrica pesa 34 kg, dunque l’ibridizzazione ha un rapporto peso/potenza pari ad 1, la metà delle migliori supersportive. Il motore elettrico è montato all’interno del cambio, direttamente sull’albero secondario, dopo la frizione e prima del sistema di trazione integrale. L’inverter è integrato nella trasmissione.
La docilità delle emissioni zero
La potenza totale è di 819 cv per prestazioni da sogno (oltre 350 km/h, meno di 2,8 s. per lo 0-100 km/h), ma in Lamborghini hanno pensato di più alla loro percepibilità. Il motore elettrico infatti agisce fino a 130 km/h e la sua azione è evidente nella risposta e in ripresa. In terza, quarta e quinta, il motore elettrico aumenta la coppia totale del 10%; in sesta e settima del 20%. Nel passaggio 30-60 km/h in terza, la Siàn è più veloce di 2 decimi, da 70 a 120 km/h in sesta guadagna 1,2 secondi. Se il guidatore sceglie la modalità di guida Comfort, il motore elettrico “riempie” i passaggi di marcia rendendoli più fluidi. Nelle modalità Sport e Corsa, fornisce invece il massimo della spinta. Nelle manovre a bassissima velocità e in retromarcia, fa tutto ad emissioni zero aumentando la docilità della vettura. È la prima volta che un ibrido a supercondensatore alimenta direttamente la catena cinematica.
Tutte le delizie del supercondensatore
La Lamborghini utilizza dal 2017 sull’Aventador un supercondensatore a 12 Volt al posto della batteria. In passato, la Mazda ha usato questo tipo di accumulatore per alimentare i servizi di bordo, PSA e Cadillac per il sistema stop&start. La Toyota lo ha utilizzato sulla Supra HV-R, vincitrice della 24 Ore di Tokachi nel 2007, nel WEC tra il 2012 e il 2015 sulle TS030 (foto sotto) e TS040 e sul concept Toyota Hybrid-R con un 1.6 turbo e 3 motori elettrici da 420 cv presentata a Francoforte nel 2013. Rispetto alla batteria agli ioni di litio, il supercondensatore ha una densità di potenza 8 volte superiore (2.400 W/kg contro 300 W/kg) erogandola in modo più veloce e in modo perfettamente simmetrico sia in erogazione sia in ricarica. Inoltre resiste a milioni di cicli di ricarica. Tra i contro: la densità di energia inferiore, la tenuta della carica e il costo elevato.
Due sentieri, una destinazione
Per quest’ultimo capitolo, Reggiani è ottimista e parla con cognizione. «Quando due anni fa abbiamo cominciato la nostra collaborazione con il MIT, abbiamo inaugurato due laboratori: uno sulle nanontecnologie per lo storage dell’energia nel carbonio e l’altro sui supercapacitor». A Sant’Agata dunque i sogni sono due: fare una batteria in carbonio (magari integrandola nella scocca) e un supercondensatore che abbia un rapporto vantaggioso tra capacità, costo, peso e ingombri. E il terzo sogno magari è di integrarle in un unico sistema: la batteria ricaricabile sarebbe il serbatoio di energia principale mentre il supercondensatore assicurerebbe potenza, reattività e, facendo da tampone, la possibilità di recuperare più energia di quanto concesso dai sistemi attuali. L’idea non è nuova visto che Suzuki ci stava lavorando tempo fa.
Le promesse da mantenere
E che i supercondensatori abbiano un futuro non lo pensa solo Lamborghini. Nel maggio scorso Tesla ha acquistato per 235 milioni di dollari la Maxwell, leader mondiale delle celle per supercondensatori. Sono Maxwell anche le celle degli accumulatori Continental che equipaggiano la Aventador e – presumibilmente – anche quelle della Siàn. E che il Toro tenga d’occhio entrambe le tecnologie per la propria strategia di elettrificazione lo dimostrano due concept. Il primo è la LPI 910-4 Asterion (foto sotto), un’ibrida plug-in con motore V10, 3 elettrici e batteria agli ioni di litio da 910 cv presentata al Salone di Parigi del 2014. Il secondo è la Terzo Millennio (foto sopra), presentata proprio in occasione dell’inaugurazione dei laboratori Lamborghini al MIT: ha 4 motori elettrici, direttamente calettati sulle ruote alimentati da supercondensatori.
Aspettando la svolta
Dunque quale sarà la scelta finale della Lamborghini per la erede della Aventador? «È una partita a poker con la tecnologia. Se oggi guardiamo lo stato dell’arte – conclude Reggiani – i valori di potenza ed energia si spostano sempre di più verso l’alto. Siamo in una fase in cui le evoluzioni non sono lineari, ma potrebbero essere improvvise. Quando si fa ricerca inoltre, non è possibile darsi un obiettivo temporale: bisogna mettere in conto il fallimento o che non ci siano economie di scala che permettano la fattibilità di una soluzione. Per una Urus qualche centinaio di chili di batterie non cambiano la vita, per una supersportiva sì. Per questo prenderemo una decisione definitiva il più tardi possibile per essere sicuri di mettere a bordo la migliore tecnologia possibile».