Piccolo è bello, anche perché costa, consuma ed inquina poco. Ma questa equazione, semplice da comprendere anche per il cliente (e le sue tasche), è destinata a scomparire. Molti costruttori infatti si preparano a lasciare il cosiddetto segmento A, quello della Fiat Panda, ovvero del modello più venduto in Italia anche nel 2019.
Il costo di sicurezza ed emissioni
I costi crescenti per l’adeguamento alle normative sulla sicurezza e sulle emissioni stanno comprimendo i profitti a livelli inaccettabili. E i saluti sono già partiti. La Smart ha deciso di essere non solo elettrica, ma di trasferirsi di fatto in Cina ed è tutto da vedere il destino della Renault Twingo. La Smart Forfour e la francese infatti condividono pianale e stabilimento (Novo Mesto, in Slovenia) dunque Renault si ritrova a produrre la Twingo da sola. Potrebbe chiedere aiuto a Nissan che si è già liberata da tempo della Pixo. Ford ha già interrotto la vendita della Ka+ e la sostituta non sembra sia oggetto di discussione con il nuovo alleato Volkswagen.
Per l’auto si comincerà dalla B
A Wolfsburg pensano anzi di lasciare in listino solo le versioni elettriche delle varie up!, Seat Mii e Skoda Citigo. PSA ha già provveduto a cedere alla Toyota lo stabilimento in Repubblica Ceca di Kolin dove vengono prodotte le Citroën C1 e la Peugeot 108 insieme alla Aygo. Vero è che il gruppo francese ha acquisito Opel dal 2017 ed è prossima la fusione con FCA, ma entrambe queste mosse non sembrano poter salvare i modelli di questa fascia. E dire che per tutti i marchi coinvolti ce ne sarebbero almeno 5 da poter fare su una stessa piattaforma.
PSA ha acquisito Opel dal 2017 ed è prossima la fusione con FCA, ma entrambe queste mosse non sembrano poter salvare i modelli di questa fascia. E dire che per tutti i marchi coinvolti ce ne sarebbero almeno 5 da poter fare su una stessa piattaforma
L’equazione è ormai impossibile
Opel si è già liberata di Agila, Karl e Adam e l’attuale ceo di FCA, Mike Manley, ha dichiarato testualmente: «Nel prossimo futuro ci vedrete spostarci verso un segmento a volumi e margini più elevati, e questo implicherà l’abbandono delle minicar». Questo vorrebbe dire: addio a Panda, Lancia Ypsilon e anche 500. Il destino della seconda è segnato da quello del glorioso marchio di Chivasso, ma quello delle altre due è davvero cruciale. Probabilmente non si tratta di addio totale, ma di ripensamento profondo.
La Centoventi non è una piccola
Al Salone di Ginevra la Fiat ha presentato la Centoventi, che appariva come l’anticipazione modello che Fiat produce dal 1980, ma anche in quell’occasione Manley precisò: «La centoventi è un’auto di segmento B». La 500 elettrica, che debutterà il 4 luglio, è una sicurezza e avrà una piattaforma dedicata. Niente si sa invece della 500 con motori convenzionali. Non c’è dunque spazio neppure per un’auto dal posizionamento quasi premium. Del resto, una premium come la Mini è un business che BMW deve rivedere completamente, alla luce non solo della struttura dei costi, ma anche della Brexit.
Gli ultimi guerrieri hanno gli occhi a mandorla
Le uniche che sembrano voler rimanere all’interno del segmento A vengono dall’Oriente e sono il gruppo Hyundai, Suzuki e Toyota. La prima ha appena presentato la nuova i10, la Suzuki ha la Celerio e la Ignis mentre la terza prepara per il 2021 una Aygo completamente nuova. Una cosa però è sicura: non parliamo più di un’auto lunga 3 metri e mezzo o anche meno, ma di circa 20 cm in più, come del resto misurano anche la i10 e la Ignis. Se si pensa che la prima Volkswagen Golf del 1974 era lunga proprio 3,7 metri, la prima Fiat Uno del 1982 misurava 3,64 metri e la prima Panda 3,38 metri, ci si accorge dell’escalation delle dimensioni nel tempo.
Per un’auto di segmento A non parliamo più di 3 metri e mezzo, ma di 20 cm in più. Se si pensa che la prima Volkswagen Golf del 1974 era lunga proprio 3,7 metri, la prima Fiat Uno del 1982 misurava 3,64 metri e la prima Panda 3,38 metri, ci si accorge dell’escalation delle dimensioni nel tempo
Una sofferenza che parte da lontano
Che la situazione per le piccole si fosse fatta pesante, non è una questione nuova. La Ford per la sua Ka di seconda generazione sfruttava pianale, motori e stabilimenti Fiat. La Volkswagen e la Toyota erano entrati in questo segmento con piani industriali che prevedevano 3 modelli ciascuno, non per caso. La prima a sentire puzza di bruciato era stata la Daihatsu, marchio ultraspecializzato in auto di piccole dimensioni. Nel primo decennio del secolo aveva dichiarato piani di crescita importanti per l’Europa e stava persino studiando un diesel bicilindrico 2 tempi. All’inizio del 2011 invece arrivò l’annuncio che avrebbe lasciato il mercato europeo entro la fine del 2013.
Il paradosso dimensioni-emissioni
Le piccole spariranno perché non è possibile mettere in vendita auto che costino 10mila euro che abbiano emissioni inferiori ai 95 g/km di CO2 e abbiano i contenuti di sicurezza necessari per tutte le auto. Oltre ad acciai più tenaci e costosi, ci vogliono più dispositivi che aumentano costi e peso influenzando negativamente i consumi e le emissioni. Per questa fascia di auto siamo già al limite, se non oltre. La Panda con i motori a benzina non va al di sotto di 106 g/km e questo vorrebbe dire per FCA vendere un’auto già a bassa redditività con una multa da pagare all’Unione Europea. L’arrivo dei motori Firefly 3 cilindri con sistema microibrido rimanda solo il problema.
Una questione sociale e industriale
La questione è seria soprattutto per l’Italia, dal punto di vista sia dei clienti sia industriale. Su 8,2 milioni di auto immatricolate in Europa nei prime 6 mesi, 600mila sono di segmento A e di queste 180mila in Italia, ovvero un quinto. La metà di quest’ultime sono Panda e 500. Nell’intero 2019 le auto di segmento A immatricolate sono state 325mila, il 17% dell’intero mercato, l’8% in più dello scorso anno. La Panda ha collezionato 138mila targhe ed è prodotta in Italia. Che ne sarà di lei e degli stabilimenti che la producono? Probabilmente diventerà un’auto di segmento B e sfrutterà il pianale CMP di PSA, ma sarà lunga 4 metri. E non sarà più una Panda. Sarà invece una nuova Punto o un modello parallelo.
La Panda ha collezionato 138mila targhe ed è prodotta in Italia. Che ne sarà di lei e degli stabilimenti che la producono? Probabilmente diventerà un’auto di segmento B e sfrutterà il pianale CMP di PSA, ma sarà lunga 4 metri. E non sarà più una Panda
Più costose da comprare, più centimetri da parcheggiare
Per la 500 la trasformazione è più facile perché esiste già una gamma di veicoli con questo nome. La 500X si fa a Melfi, la 500L a Kragujevac, in Serbia, un’ora mezza di macchina verso Sud da Belgrado. Resta da vedere se i vertici del maxigruppo FCA vorranno mantenere una 500 con il tubo di scarico o riterranno sufficiente la 500e dando ad essa un valore altrettanto simbolico: essere la prima elettrica di Fiat, un nuovo inizio verso una nuova storia e una nuova mobilità a emissioni ridotte, ma con costi e dimensioni sicuramente maggiori. Vuol dire città più piene e tasche più vuote, una mobilità più pulita, ma più difficile.