Per capire l’ibrido Toyota bisogna guardare in particolare a due di soluzioni che sono al suo interno e che hanno impegnato non poco gli esperti che per primi si sono messi a studiarlo.
La principale caratteristica del sistema, svelata necessariamente già con il lancio della prima generazione della Toyota Prius nel 1997 in Giappone, riguarda la presenza di un meccanismo capace di prendere energia da più motori e inviarla alle ruote o alle batterie in base alle condizioni e alle esigenze di marcia.
Si chiama giunto epicicloidale e in inglese è noto come “planetary gear”, denominazione che fa capire meglio quale sia la distribuzione di più alberi e ruote dentate che lo compongono.
Una soluzione ben nota agli ingegneri meccanici ed elettrotecnici, che spesso però rende difficile spiegare il funzionamento delle auto ibride della Toyota a tutti, perché non c’è un cambio automatico e non c’è nemmeno un cambio a variazione continua. Anzi, non c’è proprio un cambio. E questo risulta indigesto da comprendere, tanto che il sistema a volte viene definito “cambio automatico” comunque. Pur non essendolo. Nella pratica funziona estremamente bene grazie a una semplicità di fondo e all’elevata affidabilità. Tutte le auto ibride Toyota consegnate nel mondo, contano su questa soluzione per la distribuzione dei flussi energetici di bordo.
La seconda caratteristica dell’ibrido Toyota, emersa più di recente in tutta la sua importanza, è la capacità di recupero dell’energia in frenata.
Se l’epicicloidale è una peculiarità della Toyota, la cosiddetta frenata rigenerativa è caratteristica di ogni auto che abbia a bordo motori elettrici e batterie.
Il motore elettrico, infatti, all’occorrenza può fungere anche da generatore di elettricità e rallentare la marcia del veicolo, affiancando i freni in questa funzione. Quando un’auto ibrida o elettrica frena, in questo modo ricarica le sue batterie. La Toyota, in questo caso, sfrutta la sua esperienza di leader nell’elettrificazione, con oltre tredici milioni di auto ibride consegnate fino ad oggi nel mondo, che le consente evidentemente la messa a punto di sistemi di recupero in frenata di grande efficienza.
Tanto che nei test su strada, svolti per la prima volta a livello internazionale proprio in Italia dal centro di ricerca CARe dell’Università Guglielmo Marconi di Roma e dall’Enea, circa un terzo dell’energia fornita dalle batterie al motore elettrico per far muovere una Toyota Prius su un normale percorso può essere definita “riciclata”. Non arriva cioè dal motore a benzina, ma proprio dalla rigenerazione di energia dalle ruote durante le frenate. La tecnologia ibrida Toyota riesce così a funzionare normalmente, sempre in un percorso urbano, per oltre il 60-70% del tempo in modalità zero emissioni, secondo i dati sperimentali raccolti nelle prove del CARe Marconi e dell’Enea.
Queste caratteristiche sono tipiche della tecnologia “Full-Hybrid”, che nei modelli Toyota affianca al motore a benzina un motore elettrico di trazione di potenza tale da far muovere anche da fermo l’auto in sola modalità elettrica.
Nei prossimi anni ci si dovrà però abituare a valutare il funzionamento su strada in base alla tipologia di ibrido che equipaggia un determinato modello, perché in arrivo nei listini di quasi tutti i marchi ci sono numerosi ibridi molto diversi tra loro.
Si va dalla tecnologia plug-in, che aggiunge alle caratteristiche del “full hybrid” la possibilità di ricarica anche da una presa elettrica esterna e batterie più grandi, consentendo un’autonomia di qualche decina di chilometri in modalità solo elettrica con un costo d’acquisto maggiore. Alle numerose proposte in arrivo di ibridi “mild”, cioè “leggeri”. In questo caso il motore elettrico è di piccola potenza e la capacità di marcia in modalità zero emissioni è limitata a specifiche situazioni, come il “veleggiamento” autostradale che mantiene a velocità costante un’auto già lanciata, con il motore a combustione interna spento.