di Mario Cianflone – Giornalista del Sole 24 Ore
La corsa all’ibrido. Eh già, ormai basta abbinare un motore elettrico a uno termico e voilà: l’elettrificazione è servita.
Basta questo per dare una bella patente green, entrare nelle ztl e “gonfiare” grazie alla diversa omologazione i dati di vendita delle auto ibride.
C’è ibrido e ibrido
Ma c’è ibrido e ibrido. E, a prescindere dall’efficacia reale della soluzione, va detto che un conto è il Full Hybrid (bel termine di marketing) di Toyota o i powertrain Phev (plug-in), un altro sono i mild hybrid.
Infatti gli ibridi leggeri sembrano in molti casi veramente dei cheating device, dei sistemi ideati per abbattare solo sulla carta consumi ed emissioni.
E anche tra questi ibridi leggeri occorre fare distinzione tra quelli a 48 Volt e quelli a 12, ma in ogni caso il contributo del motorino elettrico spazia dallo scarso al nullo passando per l’irrilevante.
Sale il costo d’acquisto
Intanto aumentano costi e complessità costruttiva e questa non è una buona cosa per la manutenzione di utilitarie che rischia di diventare onerosa a fronte di una riduzione trascurabile delle emissioni.
A dire il vero, le case automobilistiche non hanno molte colpe: non stanno barando, cercano solo di fronteggiare normative europee troppo restrittive, tecnologicamente non neutrali e idelogicamente viziate verso l’elettrico e la messa al bando del termico.
Ed ecco che arrivano anche auto supercomplesse come le ibride plug-in che si portano dietro una zavorra di batterie ed elettromotore con effetti nefasti sui consumi reali.
Il dubbio
Il dubbio ancora una volta è se tutto questo ha senso, se si vuole proteggere davvero l’ambiente o se invece la politica e le nuove lobby del green new deal non stiano perseguendo invece obiettivi diversi e meno nobili.