Coronavirus e inquinamento, l’argomento sta stimolando considerazioni da parte di molti. Non tutte corrette. Molte, a mio parere, anche inopportune.
Il primo argomento, che attira numerosi commenti, riguarda l’introduzione delle restrizioni alla circolazione e il loro effetto sull’inquinamento. Secondo alcuni, la concentrazione di inquinanti nell’aria si abbassa. Secondo altri, assolutamente no. Oppure forse, soltanto in parte.
Il secondo argomento riguarda il particolato, la cui concentrazione in atmosfera giocherebbe un ruolo decisivo e diretto nella terribile diffusione del Covid-19 proprio in aree altamente inquinate d’Italia.
Partire dai fatti
Quando sono in tanti a parlare, spesso partendo da posizioni di inadeguata preparazione scientifica sull’argomento, è bene non cadere nella trappola del sensazionalismo.
La prima regola, per capirci qualcosa, è partire dai fatti. Quindi da ciò che hanno realmente osservato e analizzato gli esperti.
Due semplici domande
Chi ha studiato cosa?
Cosa emerge realmente dagli studi di settore?
Relazione tra restrizioni per Coronavirus e inquinamento
I dati parlano chiaro e dicono che con le restrizioni alla circolazione introdotte per combattere la diffusione del Covid-19 l’inquinamento in atmosfera si è decisamente ridotto.
Questo è particolarmente evidente per l’NO2 – Diossido di azoto, come mostrato chiaramente da immagini satellitari, la cui comprensione non necessita di alcuna conoscenza specifica, che riporto qui di seguito con dati ed elaborazioni dell’ESA – European Space Agency.
La riduzione riguarda anche il particolato, la cui concentrazione è però molto influenzata dalle condizioni atmosferiche.
Una riduzione della circolazione, in presenza di condizioni di stallo atmosferico, ha effetti marginali.
Questo è chiaramente indicato nei documenti dell’ARPA Lombardia e dell’ARPA Veneto.
La prima e la seconda verità
La prima verità è che bloccando la circolazione diminuiscono immediatamente le emissioni e le concentrazioni di NO2 – Diossido d’azoto.
Allo stesso modo diminuiscono le emissioni di particolato da traffico automobilistico, anche se va ben considerato il contemporaneo possibile incremento delle emissioni dovute all’utilizzo di riscaldamento domestico e in particolare all’utilizzo di pellet come combustibile, vista la maggiore presenza di persone in casa.
La seconda verità è che per quanto riguarda la concentrazione in atmosfera di particolato, l’influenza delle condizioni atmosferiche si dimostra decisiva. Se permangono condizioni di stallo atmosferico, il particolato può non diminuire nemmeno in presenza di un abbassamento deciso delle emissioni.
Questo perchè il particolato sospeso in aria non precipita al suolo e rimane in sospensione, conservando la situazione di criticità.
Relazione tra inquinamento e diffusione di Covid-19
Relativamente alla diffusione dei virus nella popolazione, la SIMA – Società Italiana di Medicina Ambientale in un suo documento di posizione condiviso con strutture dell’Università di Bologna e dell’Università di Bari, indica delle pubblicazioni scientifiche che correlano l’incidenza dei casi di infezione virale con le concentrazioni di particolato atmosferico.
Il particolato atmosferico, secondo le considerazioni degli esperti, funziona da vettore di trasporto per i virus.
I virus sarebbero cioè in grado di attaccarsi con un processo di coagulazione al particolato, riuscendo così a rimanere in atmosfera per lungo tempo (ore, giorni, settimane). E a viaggiare anche per distanze relativamente lunghe.
Il particolato atmosferico, oltre a trasportare i virus, potrebbe inoltre costituire un substrato capace di permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni.
Un aumento delle temperature e della radiazione solare sarebbe in grado di accelerare l’inattivazione del virus, mentre un’umidità relativa elevata favorirebbe un più elevato tasso di contagio virale.
Partendo da queste considerazioni, la SIMA evidenzia una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo 10 Febbraio-29 Febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 Marzo. Questo considerando un ritardo temporale intermedio relativo al periodo 10-29 Febbraio di 14 giorni, tempo medio di incubazione del virus fino alla identificazione della infezione contratta.
Tale analisi sembra quindi indicare una relazione diretta tra il numero di casi di COVID-19 e lo stato di inquinamento da PM10 dei territori, coerentemente con quanto riportato per altre infezioni virali.
Sulle considerazioni riportate dalla SIMA, va detto che il documento di posizione non è una pubblicazione scientifica. Non dimostra, cioè, con metodo scientifico le correlazioni di cui parla ma esprime l’analisi – basata su letteratura scientifica relativa ad altri virus – svolta da un gruppo di esperti e non sottoposta a revisione tra pari (condizione, questa, necessaria per una pubblicazione scientifica).
La terza verità
La terza verità è che la relazione tra concentrazione di particolato in atmosfera e diffusione del Coronavirus non è al momento scientificamente provata.
Come non è provato l’effetto vettore, fisicamente possibile ma non dimostrato dalla sola incidenza della malattia, perchè – come per il fumo – il particolato potrebbe essere una concausa per il suo impatto sulle patologie respiratorie pregresse e non perchè ha una funzione di trasporto aereo del virus.
Le ipotesi avanzate dal gruppo di esperti che ha redatto il documento della SIMA rappresentano un punto di partenza, suggestivo e apparentemente plausibile, per condurre delle analisi specifiche in merito.
Non si tratta di conclusioni basate su un apposito studio condotto sul Coronavirus con metodo scientifico, né di un articolo pubblicato seguendo i canoni delle pubblicazioni scientifiche.
Le fonti
Ecco le fonti dei dati utilizzati per la mia analisi.
L’ESA – Agenzia Spaziale Europea, che ha pubblicato una specifica animazione all’effetto dell’introduzione delle restrizioni alla circolazione in Italia sulle concentrazioni di inquinanti in atmosfera.
L’Arpa Lombardia, che ha reso note le concentrazioni di particolato e NO2 – Biossido di azoto e dedicato un documento all’interpretazione delle evidenze numeriche.
L’Arpa Veneto, che ha fatto lo stesso relativamente alla regione Veneto.
La SIMA – Società Italiana di Medicina Ambientale, che ha dedicato un documento di analisi alla correlazione tra concentrazione di particolato in atmosfera e diffusione dei virus.
Clicca qui per leggere il documento originale della Società Italiana di Medicina Ambientale.