Aurobay è un po’ Volvo e po’ Geely Holding, ma tutta motori a combustione interna (internal combustion engine o ICE). Così si chiama la nuova joint-venture che raggruppa in una sola entità tutte le loro attività del “passato” per concentrarsi sul “futuro”.
Tra passato e futuro
Il passato è rappresentato evidentemente dai sistemi di propulsione che sfruttano ancora i pistoni e i carburanti fossili (anche se elettrificate parzialmente). Il “futuro” sono le emissioni zero e, nel caso specifico, l’elettrico. In questo modo proprio le emissioni spariscono dal bilancio con gli asset inquinanti.
Nel caso di Volvo, gli asset sono la Powertrain Engineering Sweden, gli stabilimenti di motori di Skōvde e in Cina, i team di ricerca e sviluppo dedicati e tutte le attività di sostegno tecnico a quello che è stato il cuore dell’intera industria automobilistica per oltre un secolo. Operativamente parlando.
Spin-off strategico
Dal punto di vista tecnico-finanziario, è un vero e proprio spin-off (o scorporo) della CO2: Volvo e Geely potano le loro rispettive piante lasciando solo le foglie verdi e reinnestando il potato in un altro vaso. Infatti non lo buttano, ma lo portano a debita distanza per prosperare in prospettiva su altri terreni.
Questo non vuol dire che Volvo e Geely diventeranno tutte elettriche. La casa svedese ha già detto che nel 2025 il 50% delle proprie vendite sarà elettrico, il 100% nel 2030. In questo interregno, i pistoni serviranno ancora e Aurobay li fornirà a Volvo, Geely, Proton e con tutti gli altri marchi collegati.
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La galassia di Geely
Tra questi, lo ricordiamo, ci sono Lotus, Polestar, Lynk&Co senza contare i legami con Daimler e il recente accordo con Renault. Aurobay infatti non nasce solo per una questione interna di logistica e di immagine, ma per permettere anche ad altri marchi esterni al gruppo di gestire una transizione che esige scelte precise.
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L’elettrificazione e la riduzione delle emissioni costano, implicano investimenti enormi che accrescono la complessità gestionale e i rischi. Molti costruttori hanno dovuto fare la loro scelta: sviluppare insieme nuove famiglie di motori a combustione interna in vista dell’Euro7 e l’elettrico è assai difficile.
Pulizia e semplificazione
Da qui la scelta di Volvo e Geely di pulire e semplificare grazie ad Aurobay. Certo, si potrebbe vedere l’operazione anche come un atto di ipocrisia e di negazione della realtà, la dimostrazione che anche chi predica le emissioni zero sa che non è possibile praticarle fino in fondo. E si crea qualcosa che possa fare il lavoro sporco.
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Nel 2021 Volvo Cars ha venduto 700mila vetture (698.693 per la precisione), il 5,6% in più. Di queste le i modelli e le versioni Recharge (ovvero le ricaricabili) sono cresciute del 63,9% e hanno costituito il 24% del totale. Il 7,4% sono elettriche pure (+452%) e il resto ibride plug-in (+47,6%).
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I denari della grande finanza verde
Ma c’è anche un altro fattore che ha consigliato Volvo e Geely di creare Aurorabay. Tagliare le emissioni di CO2 aumenta il valore di una società nel mercato degli ETS (Emissions Trading Scheme) trasformando la “pulizia” del bilancio (in tutti i sensi) in denaro, potere negoziale e valore sia in borsa sia per gli azionisti.
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Un’azienda così congeniata è capace di attrarre investimenti “verdi”, sia attraverso obbligazioni sia attraverso le partecipazioni azionarie. I denari richiamati da questi business sono sempre più imponenti. Ormai la grande finanza non vede nelle energie rinnovabili e in altri settori “green” un ostacolo, ma un’opportunità. E un’azienda che, per guardare, deve investire in tecnologia non può non tenerne conto.
Investire su altri e su se stessi
Tali investimenti si basano su valori tangibili, ma anche su quelli intangibili che sono sempre più contabilizzabili. In tal senso, la creazione di Aurobay da parte di Volvo e Geely ha un triplice significato: credere nelle emissioni zero è un atto industriale, finanziario e di immagine. È investire su se stessi.