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Auto cinese, per Luiss Business School cresce grazie a motori a combustione interna e concessionari tradizionali

Marchi auto cinesi

La ricerca “Strategie commerciali d’ingresso dell’auto cinese in Europa e in Italia”, di cui sono uno degli autori e che l’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School ha presentato in anteprima al Salone dell’Auto di Torino 2024, evidenzia la capacità dei gruppi cinesi di adattare il loro modello alle condizioni del momento.

La sintesi della ricerca è scaricabile da tutti, previa registrazione, al link: https://businessschool.luiss.it/osservatorio-auto-mobilita/strategie-commerciali-dingresso-dellauto-cinese-in-europa-e-in-italia/

L’auto cinese si vende in concessionaria

Dei circa venticinque marchi che commercializzano auto cinesi in Europa, la grande maggioranza (70% circa) adotta il modello di concessionaria, soltanto pochi mesi fa ritenuto superato da molti esperti. Dopo aver esplorato altre strade, anche marchi come Lotus e Nio sono approdati alla vendita con formula tradizionale.

L’arrivo di nuovi marchi completamente cinesi come Byd, Chery, Dongfeng nelle concessionarie evidenzia ulteriormente il potenziale di espansione delle auto fabbricate in Cina sul mercato della penisola.

Ben otto dei primi dieci gruppi di concessionarie italiane hanno già al loro interno questo tipo di offerta. L’interesse per i nuovi marchi cinesi è dovuto alla ristrutturazione delle reti di vendita dei marchi tradizionali, che ha lasciato ampi spazi vuoti da riempire di automobili, e anche dalla ricerca da parte delle concessionarie di nuove tipologie di prodotto. Visto il fiuto che tradizionalmente caratterizza gli imprenditori che vendono auto sul territorio, quest’ultimo segnale dice chiaramente che il mercato per le vetture cinesi è valutato come molto ampio.

Dazi per ora ininfluenti sul prezzo

L’introduzione dei dazi aggiuntivi sull’importazione in Europa di auto elettriche dalla Cina non ha per ora avuto alcun effetto sui listini. Le auto fabbricate in Cina non sono ancora aumentate di prezzo. In futuro costeranno un po’ di più, probabilmente, ma il successo crescente dei modelli non elettrici e l’avvio della produzione in Europa (Byd in Ungheria, Leapmotor con Stellantis in Polonia e forse in Italia, altri gruppi in dirittura d’arrivo in Spagna) oltre al minor costo della produzione in patria, valutabile anche il 40% inferiore rispetto a quello dei merchi europei, saranno in grado di mitigare l’impatto delle tasse doganali aggiuntive.

Domina il motore a combustione interna

C’è un errore di fondo, inoltre, in molte valutazioni che riguardano l’espansione dell’auto cinese in Europa.

Il pericolo per l’industria europea, infatti non arriva esclusivamente dalla tecnologia elettrica e da nuovi brand provenienti dalla Cina, che iniziano ad affacciarsi sui nostri mercati ma sono ancora piuttosto sconosciuti. I numeri veri, l’automobile “made in China”, specialmente in Italia, li sta facendo grazie a modelli equipaggiati con motore a combustione interna e ad automobili che hanno sul cofano un marchio occidentale, che suona familiare al grande pubblico ma produce le sue vetture nel paese del Dragone, esportandole da lì per commercializzarle in Europa.

Nel 2023, le auto prodotte in Cina e vendute nel nostro paese sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente, arrivando a 83.700 unità. Soltanto il 20% di queste è costituito da modelli elettrici. E soltanto nel 5% dei casi si tratta di auto vendute con marchio cinese. Più della metà delle vendite (52%) riguarda auto prodotte in Cina da gruppi automobilistici europei, americani o giapponesi e il 43% riguarda modelli messi sul mercato da marchi nati in Europa che oggi sono controllati da gruppi cinesi e hanno produzione, almeno in parte, in Cina.

Strategie flessibili

Questa situazione rende estremamente flessibili le strategie di ingresso delle auto europee sui nostri mercati. Marchi come MG (appartenente al grande gruppo cinese Saic) e DR (gruppo italiano che esegue in Italia le sue operazioni di assemblaggio finale dei marchi DR, Tiger, Evo, Sportequipe sulla base di vetture semi-finite fornite da gruppi cinesi, il principale dei quali è Geely) sono diventati estremamente diffusi e popolari grazie ad auto con motorizzazione tradizionale. Ma possono contare su gruppi e accordi industriali in grado di fornire velocemente modelli ibridi ed elettrici, a seconda delle evoluzioni del mercato.

MG 3 Hybrid+

Il caso della MG, che ha da poco lanciato la sua nuova MG 3 Hybrid+ con sistema full hybrid è significativo. Anche se il mercato delle auto elettriche stenta a decollare, la voglia di motorizzazioni altamente elettrificate è crescente negli automobilisti e la tecnologia full hybrid, capace di muovere per significative percentuali di percorso l’auto in sola modalità elettrica, abbassando notevolmente consumi ed emissioni senza richiedere punti di ricarica, rappresenta una scelta di tendenza. Il gruppo Saic ha reagito velocemente, nutrendo l’espansione velocissima del suo marchio europeo MG con una tecnologia che sulla carta non ha nulla da invidiare a simili soluzioni giapponesi ed europee.

Sempre il gruppo Geely, indubbiamente il più attivo finora in Europa, dopo l’uscita di scena della Smart Fortwo produce sul suolo cinese la totalità dei modelli Smart (marchio che la Geely controlla per il 50% insieme alla Mercedes e che ha da qualche anno il suo quartier generale in Cina). La flessibilità commerciale della Smart “made in China” è evidente soprattutto nella formula di distribuzione, grazie alla quale il prodotto arriva al cliente finale. Il marchio Smart, infatti, è tra i pochi ad adottare il modello di agenzia, invece di quello classico di concessionaria. Però ha punti espositivi e di vendita nella rete Mercedes e l’agente percepisce la sua commissione su tutte le auto acquistate sul suo territorio di pertinenza, anche se ordinate direttamente dal web.

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