La Formula E non basta, le corse ad emissioni zero in pista neppure.
Per questo Alejandro Agag, ideatore e presidente della Formula E, ha pronta per il 2021 la Extreme E, una nuova categoria motoristica per Suv elettrici.
Compagni di Agag in questa nuova avventura sono Gil de Ferran, direttore sportivo della McLaren Racing ed ex pilota (vincitore della 500 Miglia di Indianapolis nel 2003) con la collaborazione dell’esploratore David de Rotschild e del regista Fisher Stevens, incaricato di girare docu-film su ognuna delle gare che si svolgeranno in luoghi remoti come l’Artide, l’Himalaya, il deserto del Sahara e le isole dell’Oceano Indiano.
La scelta è sia scenografica sia ideologica: si tratta infatti degli ecosistemi che, più di tutti, stanno subendo gli effetti dell’azione sconsiderata dell’uomo nei confronti dell’ambiente. L’obiettivo è portare l’auto ad emissioni zero proprio lì, per operare una sorta di ricongiunzione simbolica, ma anche per creare un format nuovo nel quale l’avventura, il rispetto dell’ambiente e le competizioni in scenari spettacolari permettano di testare la mobilità elettrica in contesti forse ancora più sfidanti della pista.
A rendere l’operazione ancora più affascinante c’è anche la trovata di far viaggiare le vetture e l’attrezzatura di tutte le 12 squadre che (presumibilmente) prenderanno parte al campionato su una vecchia nave postale britannica restaurata, la St Helena che prestava servizio tra Londra e l’omonima isola dell’Atlantico meridionale che ospitò l’esilio di Napoleone Bonaparte fino alla sua morte.
Il regolamento è ancora in fase di definizione, ma dovrebbe avere molte analogie con la Formula E, dunque telaio e batteria uguali per tutti e powertrain sviluppato da ogni singolo team. La XE ha un supporto finanziario ben definito da parte di due sponsor: Continental Tyres e Companhia Brasileira de Metalurgia e Mineração(CBMM).
La Continental è il principale gommista di primo equipaggiamento per le case automobilistiche ed è il ramo di uno dei più grandi fornitori per l’industria automotive (44,5 miliardi di fatturato); la CBMM è una società mineraria brasiliana che detiene il quasi monopolio (l’84% della produzione mondiale) per l’estrazione del Niobio, un metallo di transizione utilizzato per gli acciai ad alta resistenza, sempre più importanti per diminuire il peso delle autovetture (dunque i consumi e le emissioni) aumentandone la sicurezza.
Il Niobio è anche estremamente promettente per le batterie tanto che la CBMM stessa ha recentemente firmato un accordo con la Toshiba e una sua consociata, la Sojitz, per lo sviluppo di batterie agli ioni di litio dotate di anodo che utilizza ossido di niobio titanio. Dal canto suo, Continental potrebbe utilizzare la XE per testare il Taraxagum, una gomma estratta dalla pianta del dente di leone russo (Taraxacum kok-saghyz) che potrebbe rimpiazzare sugli pneumatici il tradizionale caucciù la cui produzione è concentrata invece nell’Estremo Oriente.
Si dà il caso che le gomme invernali e quelle tassellate per il fuoristrada siano quelle che hanno più bisogno di gomma. Poter testare gli pneumatici al Taraxagum in contesti ambientali così difficili potrebbe essere il banco e la vetrina perfetti per una tecnologia che promette enormi benefici per l’ambiente: avere infatti una materia prima che deve percorrere meno km dalle piantagioni agli stabilimenti è il primo requisito per abbattere le emissioni “well to wheel” e rendere economicamente sostenibile ciò che è ecocompatibile.