Guerra e sostenibilità sono agli opposti.
Se però è chiaro a tutti che non ci sia alcuna sostenibilità possibile in caso di guerra, come mostra con evidenza ciò che sta avvenendo oggi in Ucraina e in altre decine di luoghi nel mondo, non è altrettanto condiviso il fatto che applicando i principi della sostenibilità la guerra possa realmente essere evitata.
Realtà e astrazione
Questo è comprensibile, vista la naturale predisposizione umana a considerare prioritari gli aspetti reali rispetto a quelli astratti.
La realtà è ciò che secondo la nostra percezione ci accade oggi e per davvero, come la guerra in Ucraina, la crisi del gas, l’aumento delle bollette e le relative speculazioni finanziarie e di mercato nazionali e internazionali alle quali nessuno pare voglia realmente mettere un freno.
Per reagire a una situazione percepita come reale, secondo il pensiero comune, bisogna agire nella realtà.
Carbone, petrolio, altro gas oppure nucleare
Quindi trovare altre fonti di approvvigionamento energetico, che sostituiscano il gas russo, pescando in ciò che abbiamo già dimostrato di saper fare in passato, come tornare a sfruttare petrolio e carbone (che sembravano dover uscire di scena nel giro di pochi decenni), trovare altro gas di diversa provenienza sul mercato internazionale oppure riaprire piattaforme di estrazione nei nostri mari, ripercorrere la strada del nucleare da fissione con tecnologie attualmente o velocemente disponibili (che fuori di scena, in Italia come in altri paesi, c’era già andato…).
La strada della sostenibilità, in questo scenario, è vista invece come un’astrazione.
Fonti energetiche rinnovabili
Le fonti energetiche rinnovabili?
Chi le ha mai viste soddisfare da sole e con continuità le esigenze di un intero paese…?
La questione ambientale?
Roba da fighetti ecochic, ad essere realisti morto un bosco se ne fa un altro… e poi non è nemmeno così evidente che esista veramente il cambiamento climatico… basta cercare su Internet e si trovano decine di pareri e spiegazioni che ne negano il legame con cause di origine umana.
L’impatto sociale delle attività economiche?
Paroloni da professori universitari, questioni da premi Nobel (tutti i recenti Nobel in Economia sono andati a studiosi che hanno dimostrato come senza una corretta valutazione socio-economico-ambientale il modello di crescita non regga), distanti anni luce dalle scadenze a fine mese delle famiglie…
Tiriamo le somme
Basta fare due conti per capire che nessuna delle soluzioni ritenute realistiche sia in grado di risolvere il problema a monte di ogni guerra, cioè l’interesse contrastante di due o più parti rispetto a una risorsa scarsa (territorio, ricchezze naturali, accesso al mare e ai corridoi di trasporto e comunicazione).
Petrolio e carbone
Petrolio e carbone sono geopoliticamente distribuiti in modo squilibrato sul pianeta, insufficienti per allargare lo sviluppo anche ai paesi emergenti, inquinanti a livello locale – oltre che fonti di emissioni climalteranti quando combusti.
Gas naturale
Lo stesso vale per il gas naturale, con un possibile miglioramento dell’impatto globale dal punto di vista ambientale che necessita però di un’attenta distribuzione e limitazione delle perdite lungo il percorso dall’estrazione all’utilizzo per avere reali vantaggi in termini di lotta al cambiamento climatico (il metano emesso direttamente in atmosfera è largamente più climalterante della CO2).
Nucleare
Il nucleare richiede risorse economiche ingentissime, lunghi tempi di realizzazione degli impianti (per i pochi impianti in costruzione in Europa i tempi di realizzazione si stanno rivelando lunghissimi…), per l’Italia presenterebbe lo stesso problema della dipendenza dall’importazione della materia prima dei combustibili fossili, genera senza dubbio una quantità importante di scorie radioattive attive per tempi che vanno ben oltre l’orizzonte prevedibile (ammesso che esista un orizzonte politicamente prevedibile, cosa smentita dalla crisi ucraina e dall’imprevista rottura con la Russia) ad oggi insoluto.
Realismo… teorico
Più che realistico, lo scenario dell’apparente realismo appare quanto di più teorico e astratto si possa immaginare.
Scenario sostenibile
Passando allo scenario della sostenibilità, risulta evidente come:
- le fonti rinnovabili siano ampiamente sufficienti, con tecnologia attuale, quindi a maggior ragione in una prospettiva di sviluppo e innovazione, a garantire l’indipendenza energetica della grande maggioranza dei paesi e delle aree geopolitiche del mondo, comprese quelle emergenti e in via di sviluppo;
- La questione ambientale sia ormai una priorità condivisa ed evidente a livello globale, con emissioni di gas serra, dispersione di plastiche e qualità dell’aria nelle aree urbane ai primi posti per urgenza di intervento;
- L’impatto sociale delle attività economiche sia la nuova frontiera dell’industrializzazione, vissuta dalle comunità come risorsa preziosa quando è in grado di garantire lavoro, reddito, benessere e servizi.
Dal noto all’innato
La guerra non è l’unico elemento reale nel dualismo con la sostenibilità.
Gli elementi reali sono entrambi quelli in contrapposizione: uno (la guerra) noto e distruttivo, l’altro (la sostenibilità) innato e costruttivo.
Sì, innato. Perché è nella natura umana preservare e conservare le risorse che permettono la vita e il miglioramento delle condizioni sociali. La sostenibilità non è altro che questo.
Quindi non è affatto astratta, anzi.
La sostenibilità, nella storia umana, nasce prima della guerra – anch’essa ancestrale ma affermatasi nella storia come strumento di supremazia, per certi versi concepito proprio per difendere o attuare piani di presunta sostenibilità (presunta perchè inevitabilmente a breve termine) di strutture sociali e comunità organizzate.
Sviluppo duraturo
La via della sostenibilità è l’unica possibilità che abbiamo per ambire a un mondo che costruisca invece di distruggere. Quindi a un mondo che possa durare nel tempo.
Non a caso in francese lo sviluppo sostenibile è detto developpement durable. Sviluppo duraturo, appunto.
L’incognita della distribuzione del potere
Certo, c’è un’incognita. Quella dell’elemento veramente intangibile eppure così decisivo che permea i rapporti umani, quindi anche quelli internazionali.
L’incognita è il potere, inteso come controllo politico.
Ogni scenario di sostenibilità socio-economico-ambientale tende a indebolire i poteri centrali classici e attualmente strutturati, a favore della diffusione e parcellizzazione del potere e delle responsabilità. A spese soprattutto della politica.
Questa è l’incognita. Trovare nuovi meccanismi e un nuovo ruolo per la politica e per la distribuzione del potere in un mondo sostenibile.