DI MARIO CIANFLONE – GIORNALISTA DEL SOLE 24 ORE
Vi ricordate il digital divide?
Quel fenomeno che, agli albori di quella che si chiamava new economy, evidenziava una netta separazione sociale tra chi aveva accesso a internet (magari in banda larga) e chi viveva in modo disconnesso senza servizi web.
Ecco nell’automotive stiamo per andare incontro all’electrical divide con l’accesso alle vetture elettriche “serie” (quelle che di chilometri ne fanno più di un’auto a benzina in riserva sparata) e chi non si può permettere una macchina a batteria e (forse) neppure un’utilitaria di nuova generazione
E non sarà un “divide”, un fossato, che si colma in pochi anni come nel caso di quello tecnologico digitale. L’automobile non è uno smartphone, un computer portatile e le reti di ricarica non sono paragonabili a quelle telefoniche. In ogni caso, la rampa di adozione delle innovazioni è storicamente rapida e i prezzi crollano in modo repentino. Con l’auto, il secondo bene più importante dopo la casa, nonostante l’hype dominante delle magnifiche sorti progressive del car sharing, le cose sono diverse.
L’innovazione procede per gradi, spesso sulla scia di normative. E le ultime, soprattutto a livello locale, ci paiono esagerate, senza senso e impopolari, nel senso che penalizzano i meno abbienti.
E la mobilità individuale è un diritto di tutti, anche di chi non abita in centro città.
Per contro le auto elettriche, quelle di nuova generazione a lunga autonomia (si fa per dire) sono davvero roba da ricchi. Rappresentano una rivoluzione per pochi. Anzi per pochissimi. Quella con l’auto alla spina al momento è una mobilità aristocratica perché i listini sono inarrivabili per i più.
Per una Audi e-tron o una Jaguar I-Pace servono circa 100mila euro. E sono tanti: con la stessa cifra si muove una decina di famiglie con citycar euro 6. E quelle elettriche “economiche” non sono tali, perché per avere una Kona Electric servono quasi 40mila euro e sono (ancora) dei bei soldi per quasi tutti.
La strada elettrica è ancora lunga e in mezzo c’è un fossato.