Abbiamo bisogno dell’auto elettrica, ma non solo di quella, per questo le daremo meno soldi. Così sembra pensarla la Norvegia che si avvia a rivedere la politica che l’ha portata ad essere il vero paradiso dell’auto alimentata esclusivamente a batteria. Come? Diminuendo progressivamente gli incentivi che mirano a bandire le auto a motore a scoppio nel 2025 e hanno già portato ad avere un mercato nel quale l’80,8% delle immatricolazioni del primo quadrimestre è elettrico.
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Bonus e malus
Alla base di questa scelta ci sono tre fattori. Il primo è che il meccanismo di bonus-malus ha portato ad uno squilibrio del programma per 19,2 miliardi di corone, pari 1,92 miliardi di euro. Il secondo è che i privilegi di chi acquista l’auto elettrica penalizza la multimodalità. Il terzo è che, dopo la fase acuta della pandemia, il traffico veicolare è aumentato oltre i livelli del 2019 mentre è calato il tasso di utilizzo dei mezzi pubblici. La pandemia ci avrebbe reso migliori? Forse. Sicuramente ha reso i norvegesi più pigri.
Uso l’auto elettrica. E sono a posto
E questo nonostante l’aumento al ricorso del telelavoro da casa. In pratica, gli abitanti della Norvegia utilizzano l’auto elettrica a tal punto da snobbare i bus, i tram, gli altri mezzi di mobilità individuale e le gambe. «Le auto elettriche ci danno trasporti più verdi, ma hanno una chiara competizione intermodale con il trasporto pubblico nelle aree urbane. Dobbiamo rendere più attraente viaggiare sui mezzi pubblici, in bici e a piedi» ha detto il ministro dei trasporti norvegese, Jon-Ivar Nygård.
L’equità degli incentivi
C’è anche da aggiungere che l’ammanco in cassa per finanziare il trasporto privato va a detrimento degli investimenti per quello pubblico. Inoltre il programma di incentivi è flat, dunque è pari per una Dacia Spring da 20mila euro o una Porsche Taycan che costa 10 volte tanto. Iniquità che è finita anche sotto la lente del Fondo Monetario Internazionale il quale ha consigliato la Norvegia, e tutti i paesi intenzionati a incentivare l’auto elettrica, a introdurre contestualmente un tetto e, allo stesso tempo, tassare quelle più costose.
I conti e la collettività
L’FMI, affermando questo principio, punta il dito su due fattori molto spesso taciuti quando si parla di incentivi verso l’auto elettrica: l’equilibrio dei conti statali a medio-lungo termine e l’equità di aiuti ed imposizione. Gli aiuti all’auto elettrica infatti, non solo sono un costo per la collettività, ma non pagando imposte anche sui carburanti, provocano un restringimento delle entrate fiscali.
La mobilità e la questione sociale
Se poi si considera che le auto elettriche sono meno accessibili, si pone un problema sociale. Chi può comprare auto più costose non può avere più privilegi di chi invece, per necessità, deve fare i conti e si ritrova, suo malgrado, ad essere inquinatore, a subire limitazioni e a finanziare la mobilità (strade, segnaletica, forze dell’ordine, etc) anche per chi ne usufruisce e, pur potendo farlo, non è tenuto a pagarne la sua parte.
La praticabilità dell’auto elettrica
La tutela dell’ambiente rischia di diventare un questione di classe sociale e dunque di divisione e rivalsa prima che l’auto elettrica diventi davvero per tutti. Non solo in rapporto al suo prezzo d’acquisto, ma anche alla sua effettiva utilizzabilità. Chi vive in una casa unifamiliare o ha un garage può infatti ricaricare a domicilio, per gli altri è decisamente più complicato. In Italia il principio del tetto di prezzo per gli incentivi è stato recepito, occorre capire come e quando agire sulle imposte per chi oggi acquista e/o utilizza l’auto elettrica.
L’occasione per rivedere la fiscalità
Potrebbe essere una buona occasione per rivedere l’intera fiscalità per l’automobile in Italia, caratterizzata da una politica molto meno favorevole ai mezzi aziendali e alle flotte – che invece rappresentano in fattore velocizzante del parco circolante – rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea, sia per detraibilità sia per deducibilità, tanto che il regime attuale è dal 2006 in deroga alle direttive europee pur essendoci stata una sentenza della Corte di Giustizia Europea.
La sostenibilità vera
La scelta dell’auto elettrica, ove praticabile, apporta sicuramente benefici alla collettività e per questo resa più praticabile. Sia con una politica di prezzi ed incentivi, sia con un ampliamento significativo della rete. Ma tale scelta deve essere libera e consapevole per risultare davvero motivante e non oggetto di scontri ideologici tra chi vuole l’auto elettrica – e solo l’auto elettrica – a tutti i costi e chi invece vuole mantenere il diritto alla mobilità, che è diventato un patrimonio acquisito per tutti.
Errori necessari, ma non troppi
In una parola: sostenibile, non solo per l’ambiente, ma anche per i conti, l’economia, la società, persino la psicologia collettiva e, in generale, i sistemi che regolano la nostra convivenza. L’esempio della Norvegia rappresenta un’esperienza quanto mai preziosa per capire come muoversi verso le zero emissioni e farlo, se non senza errori, commettendone il meno possibile.