Cento miglia in 5 minuti. È questo lo slogan della StoreDot, la start-up israeliana nella quale Volvo Cars ha annunciato recentemente di aver investito attraverso la Volvo Cars Tech Fund, il suo braccio finanziario per operazioni di venture capital.
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In Israele con tanti partner
StoreDot ha il suo quartier generale a Herliya ed è stata fondata nel 2012 da Doron Myersdorf (amministratore delegato), Simon Litsyn e Gil Rosenman mentre il ruolo di executive chairman è di David Gilmour. Sì, si chiama proprio come il chitarrista dei Pink Floyd. Volvo non è il primo costruttore automobilistico né il primo grande marchio ad aver messo gli occhi su StoreDot. Prima degli svedesi vi hanno infatti investito Daimler, BP, Ola Electric, TDK e Samsung.
Industrializzazione a Northvolt
L’obiettivo di Volvo è combinare le tecnologie messe a punto e ancora in fase di sviluppo da StoreDot e industrializzarle nella joint-venture con Northvolt. In questo caso si parla di un investimento di 30 miliardi di corone svedesi (2,9 miliardi di euro) per lo sviluppo e la produzione di celle e batterie, a favore di veicoli Volvo e Polar, utilizzando solo energia da fonti rinnovabili. In poche parole: ripulire il segmento più grosso e sporco – o meno pulito – dell’auto elettrica.
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Anche BMW e Volkswagen
Ambizione legittima per un costruttore che punta a fare il 50% delle vendite con le auto elettriche nel 2025, il 100% nel 2030 e infine ad essere a impronta zero nel 2040. Dal canto suo, Northvolt – nel cui capitale sono presenti anche BMW e Volkswagen – deve puntare a un duplice obiettivo: standardizzare al massimo e, allo stesso tempo, dare ai propri finanziatori prodotti su misura per le proprie esigenze. L’accordo tra Volvo e Northvolt prevede anche un centro di ricerca e una gigafactory dedicati creando oltre 3mila posti di lavoro.
Anodo al silicio “nano”
La tecnologia ideata da StoreDot si basa su un anodo di nuova concezione che, al posto della grafite, impiega nanoparticelle di silicio insieme a molecole organiche. La composizione di quest’ultime è segreta e, secondo l’azienda israeliana, contrasta la naturale espansione dell’anodo permettendo l’adozione di potenze di ricarica maggiori con curve più spinte, in sicurezza e minore decadimento. Al conseguimento di questo risultato, oltre alla chimica, avrebbero contribuito il machine learning e l’intelligenza artificiale.
Additivi stabilizzanti
Ma non è solo questa la direttrice di ricerca. StoreDot avrebbe individuato anche soluzioni innovative per l’anodo e l’elettrolita. Per il primo ha ideato un processo di applicazione innovativo denominato RIE (Reactive-Ion Etching). Per il secondo ha brevettato additivi del gruppo ditioestere-funzionali in grado di stabilizzare l’elettrolita rallentando contemporaneamente il degrado di catodo e anodo, anche se quest’ultimo è a base metalloide. Una soluzione ibrida solida (semi-solida) a bassa resistenza farà da ponte verso le batterie allo stato solido vere e proprie.
A sacchetto o cilindriche
Nel frattempo, le batterie con anodo al silicio “100in5” con chimica NMC811 hanno dimostrato ottimi risultati: con una densità in massa di 300 Wh/kg e in volume di 680 Wh/litro sopportano 1.250 cicli (10-80% in 15 minuti e scarica completa in un’ora a 25 °C e pressione zero) mantenendo un’efficienza dell’80%. StoreDot afferma di poter applicare tale tecnologia sia alle celle a sacchetto (pouch) per applicazioni pack-to-cell (senza moduli), sia quelle cilindriche 4680, utilizzate da Tesla. Secondo la start-up israeliana (e Volvo) sarà su un’auto nel 2024.
Il calcolatore di ricarica
Le caratteristiche migliori di questa batteria sembrano essere la stabilità e la capacità di ricevere alte potenze con una curva di ricarica praticamente piatta. StoreDot mette a disposizione un calcolatore per rendersi conto della differenza. Se prendiamo un’auto con batteria da 90 kWh che consuma 29 kWh/100 km e la ricarichiamo a 350 kW per incamerare energia sufficiente per 100 miglia (162 km), il miglior concorrente impiega 11 minuti con una media di 18 minuti per le altre contro i 5 minuti della StoreDot.
Questione di chimica e software
Insomma la batteria StoreDot ci mette meno della metà e il suo vantaggio è maggiore quanto più elevata è la potenza di ricarica cominciando ad allungare (anzi accorciare) già con potenze oltre i 100 kW. Un altro aspetto interessante di questa tecnologia è che non si tratta solo di chimica, ma anche di software e questo dimostra, ancora una volta, quanto sia importante l’aspetto immateriale per lo sviluppo dell’auto elettrica e quanto – probabilmente – vi sia da scoprire anche nelle chimiche già disponibili.
Cento miglia in due minuti
Altro aspetto fondamentale di questa tecnologia – e che fa a differenza per una start-up – è che StoreDot, oltre alla chimica, abbia già individuato (e brevettato) i processi per industrializzare le proprie batterie. E questo sarebbe solo l’inizio perché con le batterie allo stato solido si pensa di arrivare nel 2028 ad una densità di energia in massa di 450 Wh/kg e una velocità di ricarica “100in3” e nel 2032 ad una batteria “post lithium” “100in2” con una densità di 550 Wh/kg.
Efficienza piena fino a 600 cicli
Alla metà di ottobre StoreDot ha effettuato un’altra prova con le sue celle “100in5” ricevendo ulteriori conferme. Caricate dal 10% all’80% in 10 minuti e scaricate in un’ora, hanno superato i 1.000 cicli per abbassare la propria efficienza all’80%. Altro dato ancora più significativo è che le celle StoreDot sono scese sotto il 100% solo dopo 600 cicli. Questo vuol dire efficienza piena per 300.000 km e dell’80% per 500.000 km con l’ampia, anzi ampissima sicurezza garantita da questo test massacrante.
Lo stato solido? Almeno 10 anni
StoreDot sta preparando una versione ancora più resistente della sua “100in5” della quale sarà data dimostrazione entro fine anno. L’azienda israeliana ha fatto sapere che lo sviluppo delle batterie allo stato semi-solido prosegue secondo i tempi stabiliti. Quelle allo stato solido hanno invece un futuro più lontano: almeno 10 anni.