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Studio CARe-Fondazione Caracciolo agli Electric Days, le vere emissioni di CO2 dell’auto elettrica

L’auto a zero emissioni per tutto il suo ciclo di vita è una questione sistema e quella elettrica può più o meno basse di 29 volte rispetto a se stessa, a seconda delle fonti energetiche e del tipo di utilizzo. Sono queste le conclusioni dello studio “Le variabili emissive dell’auto elettrica: ricarica, utilizzo e stili di guida” realizzato dalla Fondazione Caracciolo (centro studi dell’ACI) e dal CARe – Center for Automotive Research and Evolution dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi e illustrato dal professor Fabio Orecchini agli Electric Days, organizzati da Motor1.com e InsideEVs.it al MAXXI a Roma.

Domande e risposte

Lo studio risponde ad alcune domande fondamentali: quanto inquina realmente un’auto elettrica? Quanto CO2 emette effettivamente nell’intero ciclo di vita, dalla fabbricazione fino alla fine vita e al recupero? Quali fattori influenzano davvero le emissioni delle auto elettriche? E quali sono le differenze con le auto endotermiche? Lo studio CARe-ACI cerca di fornire risposta spiegando effettivamente se e quanto l’auto elettrica riduca il suo impatto sull’ambiente valutandolo dalla culla alla tomba.

La questione e lo standard

La questione non è nuova. Esistono già standard internazionale per misurare il life cycle assessment (ISO 14040-1-2-3-4) e alcuni costruttori hanno già compiuto studi in tal senso, come Polar e Volkswagen. La ricerca ne elenca molti altri. Le conclusioni puntano ad individuare il punto di pareggio ambientale, le condizioni e il momento in base ai quali l’auto elettrica comincia a produrre benefici ambientali rispetto a quelle dotate di motori tradizionali. Anche Il GreenNCAP ha fornito un suo studio.

Leggi l’articolo sullo studio di Volkswagen

Leggi l’articolo sullo studio di Polar

La differenza e il tipo

Ciò che però distingue lo studio CARe-ACI è il mettere l’auto elettrica allo specchio, senza compararla con altri tipi di propulsione e di individuare “elettrotipi” ovvero profili di utilizzo legando tipologia e categoria del veicolo a situazioni e abitudini dell’utilizzatore. Dunque, oltre ad uno strumento di analisi e scelta per i decisori, è anche una bussola per gli acquirenti. Non solo nel momento dell’acquisto, ma nell’individuare quali sono i fattori sui quali agire per migliorare le proprie prestazioni ambientali nel corso del tempo.

Guarda il mio video sulle emissioni delle auto e il ciclo di vita

Consuma di più prima

Andando per ordine, i fattori che influiscono prima e di più sull’impronta dell’auto elettrica sono i materiali e il mix energetico. I primi sono più impattanti che su un’auto tradizionale mentre il secondo è ben diverso a seconda delle fonti energetiche impiegate. Ragion per cui, un’auto elettrica prodotta in Cina ha un’impronta superiore del 35% rispetto ad una prodotta in Europa dove si utilizza più energia verde. L’auto elettrica consuma più energia e risorse di una tradizionale prima di arrivare in strada.

Farla sporca, usarla pulita

La costruzione di un’auto con energia “sporca” ha una carbon fooprint che è 9 volte rispetto ad una prodotta al 100% da fonti fotovoltaiche. Ma conta anche la massa del veicolo (voce glider), strettamente dipendente dalla capacità della batteria. Una Smart EQ con batteria da 17,6 kWh ha un’impronta inferiore del 40% rispetto ad una Tesla Model 3 che l’ha di 79,5 kWh. Decisamente importante anche la natura dell’energia per la ricarica.

Attenzione all’energia

La ricerca prende in considerazione anche la Peugeot e-208 e la Nissan Leaf e ribadisce due concetti fondamentali. Il primo è che occorre agire sulla batteria: bisogna produrla con energia pulita, con materiali che siano sempre più efficienti e sostenibili scegliendo il giusto dimensionamento. La sua massa infatti influenza poi l’impronta di CO2 nell’utilizzo. Il secondo è che l’energia utilizzata per la ricarica deve provenire anch’essa da fonti rinnovabili.

Ne guida una o 29

I numeri non mentono. Se si acquista una Model 3 che viene da uno stabilimento con impronta zero e la si ricarica con energia verde, l’impronta è di 10,1 g/km di CO2 che salgono a 252,1 nello scenario peggiore. Dunque la scala è di 1 a 25 che addirittura arriva a 29 per la Smart. In soldoni: si può fare male all’ambiente fino a 29 volte di più o in meno con la stessa automobile. Tutto dipende dal sistema che precede e accompagna la vettura.

Sinonimi apparenti

Questo vuol dire che la decarbonizzazione non è sinonimo di auto elettrica ed è un processo più complesso che deve essere studiato ed integrato per risultare davvero efficace. L’auto elettrica rimane centrale, ma la transizione ha bisogno dello sviluppo delle fonti rinnovabili e di un ventaglio di soluzioni. Solo in questo modo si mettono le basi per la vera sostenibilità. Per le zero emissioni vere ci vuole ben altro rispetto alle zero emissioni allo scarico e questo pone due angolazioni diverse.

Guardare dentro, guardare oltre

La prima riguarda la questione energetica. L’automobile (non solo quella elettrica) va analizzata non solo per la tipologia del motore, ma per il tipo di materie e di energia all’interno di un processo molto ampio e i cui segmenti più importanti non sono in mano a chi acquista. La seconda è appunto quella del mercato e dell’acquirente: prima di chiedere sacrifici economici e nello stile di vita, ci sono molte cose da fare. E sarebbe il caso di farle tutte insieme, un passo alla volta senza imputarle tutte ai costruttori e agli automobilisti.

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