Tesla si allarga e si allunga. L’azienda americana infatti si prepara a diventare anche un produttore sia di energia sia di celle per le proprie batterie. Le evidenze arrivano dai luoghi del delitto.
Il primo indizio
La prima evidenza è la richiesta inoltrata presso la Office of Gas and Electricity Markets (OFGEM) ovvero l’autorità garante per l’energia del Regno Unito. La firma è di Evan Rice, direttore vendite Energy Products di Tesla per EMEA. Dunque si comincia da un singolo paese.
Il secondo indizio
La seconda è la notizia data dal Korea Times secondo cui Tesla avrebbe acquistato da Hanwha macchinari industriali per la cosiddetta formazione delle batterie. Tale processo riguarda in maniera specifica le singole celle e la formazione di anodo e catodo.
Addio Panasonic
Tesla dunque vuole fare tutta la batteria in casa e non più realizzarla sulla base di celle cilindriche 2170 Panasonic. Il legame storico tra i due giganti si sta allentando anche sul fronte delle celle solari poiché anche questa joint-venture è in esaurimento.
Tesla dunque vuole fare tutta la batteria in casa e non più realizzarla sulla base di celle cilindriche 2170 Panasonic
Alla luce del solare
Di contro, Tesla ha dal 2015 rapporti sulle celle solari proprio con Hanwha che è uno dei chaebol, ovvero grandi conglomerati industriali coreani. Oltre che nel settore del solare e dei macchinari, opera anche in vari campi con un fatturato di oltre 55 miliardi di dollari.
Puntare al cuore
L’azienda di Elon Musk guarda verso la Corea e al cuore delle batterie: la cella. L’avvicinamento è iniziato già dallo scorso anno quando Tesla ha acquistato la Hibar, azienda canadese specializzata anch’essa nei macchinari per la manifattura delle celle per batterie.
La chimica di certi amori
Altra operazione “chimica” portata a compimento nel corso del 2019 è l’acquisizione di Maxwell, leader mondiale per le celle dei supercondensatori per 235 milioni di dollari. Segno che Tesla non guarda solo alle batterie come forma di accumulo per le auto elettriche del futuro.
A proprio uso e consumo
Tesla ha già confermato di aver avviato a Fremont, sede del suo principale stabilimento, una linea pilota per la produzione di celle. L’obiettivo è mettere a punto quei processi industriali che oggi sono il geloso patrimonio di aziende chimiche e di elettronica di consumo.
Tesla ha già confermato di aver avviato a Fremont, sede del suo principale stabilimento, una linea pilota per la produzione di celle
Il progetto Roadrunner
La regia tecnologica di questo avvicinamento sarebbe di Jeff Dahn, canadese e uno dei pionieri della batterie agli ioni di litio. Tesla gli ha affidato il progetto Roadrunner che ha come obiettivo una batteria priva di cobalto capace di durare un milione di miglia e di costare meno di 100 dollari al kWh.
Il progetto Roadrunner ha come obiettivo una batteria priva di cobalto capace di durare un milione di miglia e di costare meno di 100 dollari al kWh
La filiera che si allunga
Tesla vuole controllare tutta la filiera dell’auto elettrica. All’inizio si limitava a maritare i glider (le scocche fornite dalla Lotus) con le batterie. Poi è passata a costruire i motori, le automobili, l’infrastruttura di ricarica e ad assemblare le batterie. Ora vuole farsi anche le celle e a produrre l’energia.
L’auto pigliatutto
Anche Volkswagen con Elli è diventato fornitore di energia, ma non produttore. Tesla invece vuole farsi tutto. In termini pratici è come se oggi comprassimo una Fiat o Volkswagen e trovassimo lo stesso marchio al benzinaio e sulla bolletta della luce. E pagassimo tutto ad un unico fornitore.
Tesla invece vuole farsi tutto. In termini pratici è come se oggi comprassimo una Fiat o Volkswagen e trovassimo lo stesso marchio al benzinaio e sulla bolletta della luce
Una nuova industria dell’auto
Con Tesla l’auto elettrica mostra la sua specificità industriale. L’automobile ha speso gli ultimi decenni a snellirsi demandando almeno tre quarti delle sue componenti a fornitori esterni e liberandosi di business come i servizi finanziari e di noleggio. Allora li riteneva non fondamentali e strategici.
Meglio il soft dell’hard
Oggi sta accadendo il contrario. Gli aspetti hard si sono enormemente semplificati e non portano guadagno, ma non averli all’interno rappresenta un costo. Quelli soft invece hanno un maggiore potenziale di profitto e sono gli strumenti principali di conquista e di mantenimento del cliente.
La catena della mobilità
Ecco perché oggi si chiama mobilità e non più semplicemente automobile. Ecco perché si può e si deve ricompattare la filiera che porta dalle materie prime, anche quelle intangibili, fino alle persone e al loro bisogno di muoversi in modo libero, sicuro e rispettoso dell’ambiente.
…si può e si deve ricompattare la filiera che porta dalle materie prime, anche quelle intangibili, fino alle persone e al loro bisogno di muoversi in modo libero, sicuro e rispettoso dell’ambiente
Le novità di ritorno
Le grandi case lo hanno capito e stanno correndo ai ripari. Anche le aziende che forniscono celle, moduli o batterie complete monitorano attentamente la situazione per bilanciare la domanda con gli investimenti. I costruttori, se questa è la tendenza, potrebbero non avere più bisogno di loro tra non molto.
Opportunità e rischi
In questo processo, gli astri nascenti come Tesla hanno il vantaggio di poter partire dal foglio bianco senza affrontare riconversioni industriali e culturali. Con un paradosso e un pericolo: che la loro snellezza porti allo sviluppo di un corpo sì sottile, ma troppo lungo da articolare nei movimenti.