La Toyota Prius plug-in che provo nel 2024 rappresenta l’ultima evoluzione di un modello al quale sono molto legato.
Io c’ero
Nel 1997 al Salone di Tokyo, quando a sorpresa la Toyota presentò la prima generazione di quest’auto, piuttosto goffa, piccola e secondo molti anche bruttina, io c’ero.
Sulle mie lavagne universitarie l’ibrido era già la soluzione più spiegata e secondo me si trattava dell’inevitabile evoluzione dell’auto, destinata a cambiare rispetto a come tutti la conoscevamo, con il solo motore a combustione interna ciclo Otto oppure Diesel, alimentato da benzina, gasolio, gpl o metano.
In quel periodo anche secondo i più ottimisti, vista la ritrosia delle case auto ad investire in questa tecnologia e ad avventurarsi nel percorso di elettrificazione, un’auto ibrida-elettrica sul mercato non sarebbe arrivata prima di 5, forse addirittura 10 anni.
Invece la Toyota di Hiroshi Okuda (presidente del gruppo nel 1997) stupì tutti e, in vista del vertice climatico delle Nazioni Unite di Kyoto del dicembre 1997 (oggi classificato e conosciuto come Cop 3), presentò la Toyota Prius Hybrid per introdurla immediatamente sul mercato in Giappone e, in seguito, in molti altri paesi del mondo.
L’era dell’elettrificazione
Con la Toyota Prius, non c’è alcun dubbio, inizia l’era dell’elettrificazione moderna dell’automobile. Mentre in Europa e negli Usa si accusa la Toyota di vendere la sua Prius a un prezzo troppo basso rispetto ai costi di produzione, la tecnologia dei due motori (combustione interna a benzina ed elettrico a batterie) fa scoprire le sue doti.
Oltre alla riduzione di consumi ed emissioni, l’ibrido dimostra di poter raggiungere anche la riduzione dei guasti.
Qui sotto il risultato di uno degli studi più recenti, svolto dal sito inglese Which.co.uk su auto ibride (non soltanto Toyota) presenti sul mercato nel Regno Unito.
Due è meglio di uno
Questo in assoluta contraddizione con una delle critiche più sonore che si ascoltavano in quegli anni, relativa al fatto che il sistema era troppo complesso e, di conseguenza, si sarebbe dimostrato poco affidabile.
Invece le cose stavano andando su strada in maniera totalmente diversa. L’aiuto reciproco che le due catene energetiche sono in gradi di darsi, permette alla Toyota Prius di essere estremamente affidabile. Memorabili sono le prove di durata che si sono susseguite nel tempo, dimostrando quello che chi stava guidando un’auto ibrida poteva riscontrare direttamente con grand evidenza. Due motori sono meglio di uno.
Prius di quinta generazione
Dopo essere stata per generazioni un’auto che guardava poco all’estatica, con la quinta generazione la Prius diventa un oggetto di design.
Certo, non è un Suv. Quindi sul nostro mercato più di tanto non può fare. Però è slanciata, agile su strada e fa girare la testa a molte persone lungo la strada. Aiuta anche la colorazione giallo senape, che non la fa passare inosservata. Ma l’impressione costante è che piaccia.
Se ne dovessero farne una versione Suv mantenendo questa impostazione estetica, sarebbe meglio della Lamborghini Urus!
Arriva a dirmi un appassionato di auto nel parcheggio centrale a Frascati, vicino Roma.
Grande guidabilità e tanti chilometri in elettrico
Su strada la Toyota Prius V Phev fa esaltare chi ne è alla guida. Non porta ad accelerare oltre misura, da buona ibrida, ma risponde sempre in maniera estremamente rassicurante alle sollecitazioni del guidatore, sia in termini di accelerazione (in elettrico, come in ibrido a batterie scariche) che di traiettoria.
Leggermente dure le sospensioni su dossi e cunette ma anche questo contribuisce a tratteggiare un carattere che non diventa mai anonimo.
Ricaricando comodamente in garage, anche dalla normale presa Schuko 240V, si parte sempre col pieno nelle batterie e nella mia prova l’autonomia va dai 65 agli 85 chilometri senza prestare estrema attenzione alla limitazione dei consumi. Guidando in modo accorto, l’autonomia in elettrico registrata nella mia prova arriva a 95 chilometri in città.